La Real Casa dell’Annunziata era un’istituzione laica, voluta dagli Angioini nel Trecento, la cui gestione era affidata ai nobili. L’associazione aveva il compito di nutrire gli orfani, curare gli infermi e preparare le giovani al maritaggio. Non si conosce l’anno preciso della sua fondazione, ma in un documento del 1320 si fa riferimento al complesso aversano dell’Annunziata alla cui struttura veniva annesso il vicino ospedale di Sant’Eligio creando l’Ave Gratia Plena (A.G.P.).

 

La struttura era articolata in più edifici, comprendeva l’Ospedale di Sant’Eligio, oggi perduto, la Chiesa e il Campanile con Porta Napoli, simbolo della città. Attualmente parte del complesso ospita la Facoltà di Ingegneria dell’Università Vanvitelli.

Nel 1520 fu costruita la Ruota o Rota degli esposti dove si lasciavano i neonati non desiderati, ma l’Istituto accoglieva i trovatelli già dal principio.
Occorreva sempre forza lavoro, quindi ogni vita era preziosa e anche i figli indesiderati dovevano diventare adulti, per questo si diffuse in tutta Europa l’usanza della Ruota degli esposti che consisteva in una bussola girevole di forma cilindrica divisa in due parti mediante la quale era possibile lasciare i neonati senza essere visti dall’interno. Un campanello avvisava “la pia ricevitrice” che faceva ruotare il tamburo di legno e accoglieva il bambino.

Nella ruota degli esposti non tutti i bambini erano fortunati. Nonostante la loro innocenza e la loro già sfortunata vita, gli orfani spesso finivano per restare incastrati nel piccolo spazio della rota, per poi morire asfissiati.

I ragazzi non adottati che restavano presso l’Annunziata erano preparati al lavoro, all’età di 14 anni i maschi erano mandati al monastero di San Lorenzo per frequentare scuole di avviamento professionale, le ragazze venivano istruite al cucito, alla cucina e ad essere delle buone padrone di casa, ciascuna cuciva e ricamava il proprio corredo.
Raggiunti i 21 anni, le giovani potevano scegliere se prendere i voti oppure sposarsi.

Andando verso Piazza Vittorio Emanuele II, troviamo il “vicoletto delle vergini”, le giovani donne e gli uomini interessati a sposarsi si disponevano in fila uno di fronte all’altro. Gli uomini lasciavano cadere un fazzoletto al passaggio della donna che gli interessava e, se quest’ultima raccoglieva lo straccio, accettava di sposarsi. Molto spesso i pretendenti non erano buoni partiti e talvolta addirittura erano uomini di malaffare che le derubavano e le abbandonavano.

La chiesa
Originariamente la chiesa doveva essere modesta, a partire dal 1474 fu interessata da importanti lavori di ristrutturazione che coinvolsero artisti più o meno celebri. L’altare fu allungato e fu aggiunto il trono del Vescovo. Tra Seicento e Settecento vennero realizzate tele degne di nota, tra cui risaltano quelle di Marco Pino da Siena e Francesco Solimena.
Alla struttura si accede attraverso un portale in marmo del 1518-1519, consiste in un arco a tutto sesto sorretto da paraste arricchite di bassorilievi dallo stile più arcaico che conferiscono un senso di mistero, si tratta di figure allegoriche di difficile interpretazione. Si riconoscono: la Fortuna, nella donna bendata con le ali ai piedi; la Morte, nello scheletro con l’ascia in manomano e la Menzogna, nella donna con due facce. Sulla facciata due bassorilievi rappresentano la Creazione e il Giudizio Universale.

Oltrepassato l’arco si giunge a un primo cortile con una doppia rampa di scale dove si possono ammirare due bassorilievi raffiguranti l’Annunciazione.
Il Pronao fu realizzato nel 1695 su un disegno di Giovan Battista Mango, presenta colonne in marmo cipollino in stile corinzio che sorreggono tre archi, probabilmente recuperate dal Seggio di San Luigi.
L’interno è a croce latina, si sviluppa su un’unica navata ampia e maestosa sulla quale si affacciano 12 cappelle, una ricca decorazione in stucco percorre il perimetro. In controfacciata, ai lati del portale, sono presenti due sepolcri marmorei, a sinistra quello di Aloiso Zurlo realizzato da Giovanni da Nola nel 1547, a destra quello di Martuccio Aversano del 1615.
Due maestosi organi in legno dorato con una raffinata decorazione floreale si ergono in alto tra il transetto e la settima cappella, furono realizzati dal maestro intagliatore Giovanni Colonibo di Candida e dal maestro organaro Giovanni Alberto Fenuti nella seconda metà del Seicento.

Le due tele più importanti
Nel transetto si possono ammirare le due tele di maggior prestigio: la Deposizione di Cristo di Marco Pino (1571) a destra e l’Adorazione degli Angeli di Francesco Solimena (1698) a sinistra. Marco Pino era un colto pittore manierista di origini senesi che ha operato molto a Napoli, le sue figuri sono pesanti e possenti, con i muscoli in evidenza e nelle pose più complesse. La scena racconta il momento in cui Giuseppe d’Arimatea e Nicodemo staccano Cristo dalla croce, in un angolo ci sono la Vergine e le tre Marie e in basso il centurione Longino guarda fuori dalla tela e ci indica Gesù. L’opera di Solimena è tipicamente barocca, ma l’artista sa conferire alla scena profonda dolcezza in un delicato equilibrio compositivo. Al centro osserviamo la Madonna con il Bambino, punto nevralgico dell’opera da cui parte la luce che spacca le tenebre e cancella il peccato.