Articolo a cura di AversaTurismo

Gli aversani, come del resto tutti i campani, sono sempre stati festaioli per natura. Sta di fatto che, oltre o accanto a quelle principali, allestiscono tutta una serie di festivita minori, che li vedono impegnati quasi per un intero anno. A cominciare da quelle rionali, nelle quali profondono il meglio di se stessi… sentendole piu familiari.

E proprio in queste, non dovendo osservare regole generali, il loro contributo e totale tanto che… si sbizzarriscono a piu non posso. Anche se esse sono in declino, negli ultimi anni, va detto che alcuni rioni, sfidando i tempi, le osservano ancora mantenendone inalterate le caratteristiche. Che si basano soprattutto su una genuinita di fondo, di stampo popolare, che conserva ed esprime “naturalmente” quanto tramandato dalla tradizione locale.

Allacciandoci a questa tradizione, ben viva e presente nel ricordo dei piu anziani, illustriamo alcuni dei giochi piu in voga nelle Feste rionali nostrane. Giochi che hanno visto coinvolta gran parte della gioventu aversana (come in tono minore oggi) dell’epoca in cui erano di moda.
Su tutti citiamo il “Palo di sapone“, la “Rottura do’ cecere“, la “Corsa nei sacchi“, il “Tiro alla fune“, la “Caldaia affumicata” e I’immancabile “Tombola” popolare.

II primo, vale a dire il Palo di sapone (chiamato anche Albero della cuccagna), era il gioco piu appariscente e remunerativo. Altro non era che una lunga e robusta pertica fissata per terra (da cui il nome di palo) con sulla punta una ruota con appesi tanti doni… un vero “ben di Dio” offerto dai cittadini. Se il attribuiva chi riusciva a raggiungerli e non era facile dal momento che I’albero era tutto cosparso di sapone e quindi scivoloso. I contendenti, tutti impastrocchiati, tentavano l’impresa ripetutamente usando le tecniche piu disparate.. tra lo spasso del presenti.
II gioco, di per se massacrante, finiva a tarda sera… quando, a furia di salire e scendere (scivolando) il sapone si asciugava e i tentativi avevano miglior esito e I’ultimo provolone o prosciutto… veniva portato a terra.

II secondo gioco, quello della rottura del Cecere, consisteva nello appendere ad una corda orizzontale (a piu di due metri di altezza) un contenitore di creta o terra cotta, pieno d’acqua. Vinceva la gara chi riusciva a frantumarlo, colpendolo con una lunga mazza (bastone) di legno e la difficolta era dovuta al fatto che i gareggianti venivano opportunamente bendati e, quindi, procedevano nell’oscurita piu assoluta… colpendo a destra e a manca, tra le risate della gente. Si attribuiva il premio quasi sempre il piu fortunato.

La Corsa nei sacchi era una gara di abilità e di equilibrio, una sorta di corsa podistica con le gambe legate in un sacco (come dice la stessa parola) che era vinta da chi tagliava, per primo, un traguardo posto ad un centinaio di metri. II percorso si snodava tra due ali di folia che, di fronte ai molti ruzzoloni dei partecipanti, rideva a crepapelle.

II gioco del Tiro alla fune era una gara di forza, a cui partecipavano due gruppi ben dotati fisicamente… tra il diverso tifo della gente. Si segnava un limite al centro della strada, veniva data una robusta corda ed ogni gruppo doveva tirarla dalla propria parte, dopo averla impugnata. La squadra che riusciva a trascinare I’altra compagtne, facendole superare il limite prestabilito, vinceva la gara e il premio in palio.

Quello della Caldaia era un gioco assai “brutto” che non tutti se la sentivano di affrontare. I gareggianti, con le mani legate dietro la schiena, dovevano staccare con la bocca delle monete metalliche, di vario taglio, attaccate con la colla di pece ad una grossa pentola fortemente affumicata. Vinceva chi riusciva a staccare piu monete, annerendosi tutto. Da sottolineare che la pentola era appesa ad un filo ondeggiante e, di conseguenza, la gara era sempre molto difficile.

Chiudeva generalmente la Festa il gioco della Tombola, al quale partecipavano quasi tutti… non foss’altro che per i ricchi premi in palio, che venivano acquistati con i proventi delle questue dei giorni precedenti.

Articolo a cura di Antonio Marino già pubblicato sul 2° Libro “Folclore e cronaca d’epoca” e sul n. 59 di “Nero su Bianco”